IL CROLLO DEI PREZZI DEL GREGGIO E' STATO UN VERO E PROPRIO TSUNAMI I cambiamenti sul lato dell’offerta di petrolio rimodelleranno il mercato dell’energia
28/04/2015 L'Esperto dice...

Il drastico calo subito dai prezzi del greggio negli ultimi sei mesi difficilmente subirà un’inversione di tendenza nel prossimo futuro e questo segnala come l’Opec non eserciti più un controllo assoluto dei mercati. Tale quadro è stato sottolineato da un gruppo di esperti in occasione di un recente forum sulla consulenza finanziaria sponsorizzato da Legg Mason. Durante la tavola rotonda dal titolo “Correzione temporanea o vero e proprio tsunami? Quale l’impatto futuro del petrolio sui mercati”, alcuni accreditati analisti di Western Asset, società del Gruppo Legg Mason, hanno illustrato il loro punto di vista sui cambiamenti strutturali del mercato dell’energia. L’opinione dominante è che il crollo dei prezzi del greggio abbia rappresentato uno tsunami, un cambiamento di lungo periodo che potrebbe mantenere i prezzi del barile tra i cinquanta e i sessanta dollari per diversi anni.

“Lo scorso ottobre, a seguito dell’aumento della produzione petrolifera negli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e altri Paesi come l’Oman, il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti hanno iniziato a ridurre i prezzi del petrolio sui mercati asiatici nell’intento di conservare la propria quota di mercato. Alla riunione dell’Opec, un mese dopo, ci si aspettava che il cartello avrebbe esercitato il suo naturale potere di mercato per correggere lo squilibrio percepito tra domanda ed offerta, invece nessun accordo è stato preso, dimostrazione del fatto che l’Opec ha perso ormai parte del suo controllo e che gli effetti del cartello costituito si stanno esaurendo”, ha affermato l’analista J. Gibson Cooper. Questo evento ha profondamente alterato il contesto finanziario generale, costringendo numerosi consulenti a rivedere le loro strategie d’investimento fondamentali.

La buona notizia, ha evidenziato Ryan Brist, responsabile degli investimenti negli Usa, è che da un punto di vista di allocazione del portafoglio, c’è tempo per osservare come si evolverà la situazione, valutazione condivisa da Cooper, il quale ha dichiarato di aspettarsi un aumento modesto dei default rate nel settore dell’energia. “Non riteniamo che, in generale, il 2015 sarà un anno particolarmente difficoltoso per i titoli di credito high yield del settore energia. Poiché riteniamo che i prezzi del petrolio resteranno più o meno invariati per un paio d’anni, il 2016 rappresenterà un’incognita ben maggiore”. “Per adesso”, ha continuato Cooper, “il mercato dell’energia è ancora interessante. I tassi di default potrebbero salire ma siamo convinti che attualmente il livello degli spread e dei prezzi scontino già abbondantemente il rischio di default”.

Brist ha parlato della possibilità che si verifichi un ribasso sul mercato dei titoli high grade, ma ha anche ribadito come vi siano altre opportunità. “Vi è un’elevata dispersione nel settore dell’energia e, soprattutto nei mercati emergenti come la Russia e il Brasile dove si parla di possibili frodi e di un intervento statale, manterrei un atteggiamento prudente. Il segmento high yield sembra però piuttosto interessante ed è su quello che mi concentrerei in termini di portafoglio”.

Cooper ha affermato che, poiché il settore dei titoli dell’energia high yield rappresenta in questo momento un mercato molto ampio, può essere ragionevole suddividerlo in tre segmenti. “Generalmente, possiamo identificare tre settori principali: esplorazione e produzione, società di servizi petroliferi e infine il settore midstream (trasporto, stoccaggio, commercializzazione e vendita all'ingrosso di prodotti petroliferi). Quest’ultima area costituisce ancora una fetta molto ampia della nostra strategia. Quasi tutte queste aziende sono strutturate come Master Limited Partnership (Mlp) e riteniamo che questo sottoinsieme del settore energia sia in grado di mostrare buone performance, qualunque sia il contesto generale per le commodity”.

Nella situazione odierna, il team ha dichiarato che la disponibilità di liquidità sarà il vero ago della bilancia. “A fare la differenza sarà la capacità o meno di continuare a fare il proprio business anche in un contesto caratterizzato da bassi prezzi delle commodity”, ha dichiarato Cooper. "A nostro avviso, non tutti saranno in grado di resistere con prezzi intorno ai 50/60 dollari al barile, sia negli Usa, ma anche nel resto del mondo”.

I rischi di rialzo rappresentano tuttavia un elemento che non è possibile ignorare: Cooper fa notare infatti che un cartello in grado di controllare una produzione pari a 30 milioni di barili al giorno può assorbire innumerevoli shock. “Nonostante le tensioni in Iraq, gli scontri in Libia e la costante posticipazione delle elezioni in Nigeria in un quadro di continua violenza che ha inciso sulla produzione, nell’ultimo trimestre tutto è proseguito normalmente dal punto di vista della produzione: gli Usa sono andati bene, la produzione dell’Opec è stata sostenuta e la volatilità è rimasta bassa”.

Brist afferma, infine, come nel contesto attuale siano limitate le possibilità del verificarsi di sorprese sconvolgenti sul fronte dei prezzi del greggio: “Gli analisti sono molto bravi a contare il numero dei barili sul lato dell’offerta, ma quello che rimane difficilmente misurabile è la domanda”, ha dichiarato. Quindi, sulla base delle condizioni attuali, ha continuato “ritengo che il prezzo di 50/60 dollari al barile sia l’ipotesi più probabile”.

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