In occasione del workshop sui mercati finanziari organizzato a Milano da Lemanik Asset Management, Maurizio Novelli (nella foto, ndr), portfolio manager global macro di Lemanik, ha posto l’attenzione sulla persistente crisi economica internazionale, cui manca il traino degli Stati Uniti. Fabrizio Biondo, portfolio manager obbligazionario di Lemanik, si è invece soffermato sui rischi per il mercato del credito.
"Il recente e sorprendente rallentamento accusato dall’economia statunitense conferma che il superamento della crisi economica internazionale è ancora incerto", ha spiegato Novelli. "Mentre la Cina trascina l’Asia in una fase di rallentamento strutturale, l’Europa punta sulla svalutazione competitiva per recuperare quote di domanda che l’economia interna non fornisce più da tempo. Tuttavia, sia le politiche monetarie espansive sia le svalutazioni competitive perdono lentamente efficacia con il passare del tempo e procurano effetti collaterali che non devono essere sottovalutati". Novelli ha proseguito spiegando come il quantitative easing della Bce, attuato al solo scopo di svalutare l'euro in quanto gli spread dei Paesi periferici erano già calati significativamente, abbia però innescato effetti negativi a livello globale: "Infatti, la rivalutazione del dollaro ha danneggiato le corporate America e ha procurato un rallentamento economico negli Stati Uniti. Il dollaro forte ha fatto crollare i prezzi energetici e ha aumentato i rischi di deflazione. Il rallentamento americano rischia di danneggiare la crescita internazionale e, se la crescita internazionale rallenta, chi svaluta per cercare di esportare di più, si ritrova a fronteggiare un calo della domanda proprio quando invece dovrebbe beneficiarne. In sostanza le svalutazioni competitive funzionano solo se la domanda globale è in crescita e se anche gli altri non svalutano (vedi Giappone e Paesi emergenti)", ha continuato Novelli. "Il fenomeno sorprendente è che gli Stati Uniti non riescono più a reggere un dollaro forte come invece accadeva nei precedenti cicli di espansione dell’economia, quindi la domanda americana di beni e servizi a livello mondiale non è più quella di prima e non è così certo che la crescita del secondo semestre sarà decisamente migliore. A questo punto è prevedibile attendersi un’economia mondiale tendenzialmente debole, dove i tassi continueranno a rimanere bassi ovunque, con le Borse che tenderanno a esporsi sempre di più al fenomeno della bolla speculativa e con le Banche Centrali sempre più in difficoltà nel cercare di controllare un fenomeno speculativo da loro stesse favorito e alimentato. Se l’economia americana non tornerà a crescere come prima, i mercati azionari stanno scontando una ripresa dei profitti che non potrà materializzarsi", ha sottolineato Novelli.
Sul fronte del reddito fisso, Biondo ha spiegato di attendersi che i tassi bassi a lungo termine delle principali valute non torneranno ai livelli precrisi per molto tempo. "Questo nonostante l’atteso rialzo della Fed, che ha necessità di intervenire per tre motivi: innanzitutto per non perdere ulteriore credibilità sul mercato, in secondo luogo per guadagnare margini di manovra a fronte di nuove potenziali difficoltà dell’economia e, infine, per mandare un segnale contro l’esuberanza dei mercati”. Infine, secondo Biondo, "i rischi principali per il mercato del credito sono rappresentati dalla scarsità di liquidità, dall’aumento del debito cinese, finalizzato a sostenere la debole crescita economica, e la debolezza del prezzo del petrolio, il cui rimbalzo è da ritenersi temporaneo, dato che permane lo squilibrio tra domanda e offerta".