Intermonte ha presentato ieri (20 marzo), a Milano presso palazzo Giureconsulti, lo studio “I Piani individuali di risparmio (PIR): gli effetti su domanda e offerta di capitale nel mercato borsistico italiano”, condotto in collaborazione con il Politecnico di Milano. L’industria dei PIR ha catalizzato ben 10,9 miliardi di euro nel 2017 e secondo le stime di Intermonte SIM, entro il 2021, potrebbe raggiungere la soglia di 60,1 miliardi di euro di masse gestite. L’analisi ha esaminato l’impatto dei PIR sul listino azionario italiano e, in particolare, sui prezzi e rendimenti dei titoli quotati, sui volumi scambiati, sulla liquidità dell’intero mercato, sullo stimolo al mercato primario tramite nuove IPO e sull’eventuale ricorso a forme alternative di raccolta di capitale per le imprese (con particolare attenzione alle conseguenze sui titoli che non appartengono all’indice FTSE MIB, in cui deve essere investito almeno il 21% delle risorse a disposizione dei PIR).
Per quanto riguarda i prezzi, l’effetto dell’introduzione dei PIR, nel 2017 ha comportato rendimenti medi compresi fra il 12% e il 18% per i titoli del FTSE MIB, mentre le small cap italiane hanno performato quanto le loro gemelle in Francia e in Germania. Sono andate meglio le mid cap e soprattutto il segmento STAR, mentre l’AIM ha offerto rendimenti medi positivi ma meno accentuati. Anche i volumi di scambio sono aumentati, ma con un certo effetto di cannibalizzazione sui titoli del FTSE MIB a vantaggio degli altri, soprattutto quelli dell’AIM Italia: l’analisi stima un calo medio dell’8% per i volumi di scambio dei titoli FTSE MIB e un aumento del 71% per gli altri titoli, con elevata variabilità. Il controvalore tortale degli scambi registrato nel 2017 non è significativamente diverso rispetto a quello del 2016.
Un altro effetto dei PIR è stato quello di contribuire a migliorare la liquidità dell’intero mercato, grazie alla mobilitazione delle risorse a disposizione dei fondi PIR compliant. In questo caso, è migliorata la liquidità di tutti i titoli, compresi quelli del FTSE MIB, ma l’effetto è stato di tipo indiretto e legato soprattutto all’aumento generalizzato della capitalizzazione del mercato, in particolare degli indici STAR e mid cap.
È ancora troppo presto per riscontrare un rapporto causa effetto tra introduzione dei PIR e offerta di nuove IPO: nel 2017 le matricole sul listino principale sono state solo 8, 23 su AIM di cui 16 solo nell’ultimo semestre, generando un buon incremento del controvalore collocato in Borsa, soprattutto grazie alle SPAC (ben 7 sull’AIM Italia e 1 sul listino principale negli ultimi 12 mesi). In un solo anno di tempo è stato il mercato secondario a beneficiare quasi del tutto della raccolta, mentre il mercato primario non sembra per ora esserne stato influenzato. Tuttavia, si rimane fiduciosi sul fatto che le quotazioni di nuove imprese incrementeranno nel medio periodo. Dall’analisi è emerso anche che nessuna delle forme innovative di finanziamento per le imprese, dedicate in particolare alle PMI (private equity, venture capital, mini bond, crowfunding e P2P lending) è stata impattata nel corso del 2017 dal fenomeno PIR: rimangono canali di finanziamento alternativi presidiati da attori di mercato molto diversi da quelli che gestiscono i fondi PIR compliant. Il buon andamento del mercato borsistico ha finora privilegiato le azioni nelle scelte di investimento dei PIR e occorrerebbe ingegnerizzare nuovi prodotti e portafogli in grado di investire anche in titoli illiquidi.
Per concludere, il panorama dei prodotti PIR a fine 2017 contava su circa 70 fondi, quasi tutti a gestione attiva, fatta eccezione per alcuni ETF, in prevalenza fondi azionari o bilanciati, quasi equivalenti per numerosità, mentre quelli obbligazionari sono ancora pochi. Completano il quadro altri circa trenta prodotti assicurativi PIR compliant disponibili sul mercato, offerti da diverse compagnie assicurative.