Su un totale di stock di ricchezza di 1.306 miliardi di euro investito a fine giugno 2019 dalle famiglie nell’economia reale italiana, circa 931 miliardi sono investiti direttamente (di cui solo 33 miliardi circa grazie a scelte consapevoli di investimento in azioni e obbligazioni), mentre il resto arriva indirettamente tramite intermediari, banche e investitori istituzionali. Sono questi alcuni dei risultati presentati lo scorso 21 gennaio a Milano da Intermonte SIM, in occasione della quarta edizione dei “Quaderni di Ricerca Intermonte” in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. L’analisi “Economia reale e Private Banking: una analisi dell’impatto del settore sul Paese”, elaborata su dati raccolti grazie al contributo di AIPB (Associazione Italiana Private Banking), si è concentrata sulle diverse forme di finanziamento all’economia reale in Italia, con un focus sul sostegno dell’industria del private banking italiano alle aziende produttive del Paese. Il solo segmento del private banking alloca risorse per 125,7 miliardi di euro nell’economia reale a fine giugno 2019, con un contributo di investimenti diretti “consapevoli” di 23,1 miliardi di euro, che costituiscono il 68% del totale degli investimenti diretti, attraverso la sottoscrizione di titoli mobiliari, debito o equity. In particolare, nei primi sei mesi del 2019 gli impieghi in economia reale del segmento private sono aumentati di 5,1 miliardi di euro, al contrario delle famiglie italiane i cui impieghi sono calati di 12 miliardi di euro nel medesimo periodo. Nei 18 mesi di analisi (dicembre 2017/giugno 2019), lo stock totale delle famiglie investito in economia reale è diminuito di 136 miliardi di euro a vantaggio di impieghi sia verso l’estero, sia soprattutto verso il debito pubblico italiano, che ha drenato una parte importante di risparmio (con un aumento complessivo di 24 miliardi a beneficio del debito della Pubblica Amministrazione).
"La ricerca mostra che in Italia c'è un enorme potenziale di risorse finanziarie che oggi si disperdono spesso in impieghi indiretti e che potrebbero essere direttamente destinate alle imprese produttrici", ha affermato Giancarlo Giudici, Professore associato della School of Management del Politecnico di Milano e referente scientifico della Ricerca, che poi ha precisato: "Da questo punto di vista l'educazione finanziaria e le nuove tecnologie FinTech sono elementi essenziali per rendere più efficiente il mercato. È anche prioritario contenere la crescita del debito pubblico, perché si è dimostrato che ha distolto risorse importanti che potevano essere destinate alle imprese. Migliorare l'attrattività per gli investimenti dall'estero è un ulteriore obiettivo generale che richiede un'azione coordinata di sistema".
Tornando al segmento private, inoltre, dall’analisi emerge una maggiore resilienza e propensione verso l’economia reale sia per allocazione diretta sia per capacità di selezionare meglio quegli impieghi che offrono una preferenza stabile verso le società industriali domestiche rispetto al debito pubblico.
"Il progetto di ricerca ha contribuito a rendere evidenti le peculiarità della classe di investitori individuali private rispetto alle famiglie di risparmiatori retail e come la prima reagisca al contesto economico finanziario o risponda alle diverse opportunità d’investimento in maniera differente rispetto alla seconda", ha spiegato Paolo Langé, Presidente dell’AIPB. "Gli investitori sono alla ricerca di performance che non trovano più nei mercati tradizionali e rivolgono sempre di più la loro attenzione verso nuove frontiere di investimento come quelle rappresentate dai private market. Il segmento private ha dimostrato una forte attenzione e consapevolezza rispetto a questa asset class".