Dopo un 2022 burrascoso, gli investitori osservano con nervosismo le tensioni geopolitiche, la crisi energetica europea e l'inflazione persistente. Ma le prospettive potrebbero migliorare con l'avvicinarsi di una svolta nella politica monetaria della Fed e con valutazioni di mercato più interessanti. È quanto afferma Amundi nel suo outlook per il 2023, in cui si aspetta che il prossimo anno la crescita globale rallenti al 2,2%, rispetto al 3,4% del 2022, con diversi Paesi sviluppati ed emergenti che si troveranno ad affrontare una stagnazione economica.
Come sottolineato da Matteo Germano, Deputy Group CIO di Amundi, “il 2023 sarà ancora un anno complesso, con rischi economici, geopolitici e finanziari, ma parte su basi più solide in termini di valutazioni. Le obbligazioni sono nuovamente attraenti come fonte di reddito e di diversificazione per i portafogli bilanciati. Mai come quest’anno bisognerà essere in grado di modificare l’asset allocation, negli snodi critici come il cambio di rotta della Fed, che potrebbe riportare fiducia anche sugli asset più rischiosi”.
Anche Monica Defend, Head of Amundi Institute, ha invitato alla prudenza, soprattutto nella prima metà del 2023: “Il prossimo anno gli investitori dovranno affrontare sfide impegnative: un rallentamento della crescita globale, lo shock energetico in Europa, l'inflazione persistente e i rischi di recessione negli Stati Uniti e in Europa. Gli investitori dovrebbero adottare un atteggiamento difensivo in vista del 2023, ma essere pronti a cogliere le opportunità offerte da obbligazioni e azioni quando i venti contrari si attenueranno nella seconda metà dell'anno. Oltre all'inflazione, la geopolitica rimane un fattore cruciale per la definizione delle tendenze macroeconomiche nei prossimi trimestri”.
Crescita, tassi e inflazione
In Europa lo shock energetico, aggravato dalle pressioni inflazionistiche legate alle conseguenze della crisi del Covid, resta il principale freno per la crescita. La conseguente “crisi del costo della vita” trascinerà l'Europa in recessione quest'inverno, prima di passare a una lenta ripresa. Ma ciò non significa che l'inflazione diminuirà. Negli Stati Uniti, l'aggressiva stretta monetaria della Fed ha aumentato il rischio di recessione nel secondo semestre, senza però riuscire a ridurre l'inflazione. Questo contesto di bassa crescita ed elevata inflazione si diffonderà nei mercati emergenti, ad eccezione della Cina. Riguardo alle previsioni sul Pil cinese, Amundi le ha ridotte al 4,5% dal 5,2%. Si tratta di un risultato notevolmente migliore rispetto ai deboli livelli di crescita della Cina nel 2022 (3,2%) e si basa sulla speranza di una stabilizzazione del mercato immobiliare e di una graduale riapertura dell'economia.
L'inflazione rimarrà ostinatamente elevata per la maggior parte del 2023 e le Banche Centrali continueranno la loro politica del "whatever it takes" per evitare una crisi simile a quella degli Anni ‘70. L'inasprimento delle politiche monetarie proseguirà ma a un ritmo più lento rispetto al 2022. Il tono più accomodante contenuto nelle ultime comunicazioni della Banca Centrale Europea e della Banca d'Inghilterra suggerisce una stretta meno aggressiva in futuro. Per quanto riguarda il Giappone, ci aspettiamo che il rafforzamento del dollaro finirà per costringere la Banca Centrale ad avviare una stretta monetaria. Il livello del tasso terminale della Fed sarà critico, aumentando le probabilità di una recessione negli Stati Uniti se si avvicinerà al 6%.
Implicazioni per gli investimenti
Data la decelerazione della crescita globale e il calo degli utili attesi nella prima metà del 2023, gli investitori dovrebbero mantenere un approccio difensivo, privilegiando l'oro e il credito investment grade. Dovrebbero tuttavia essere pronti ad adeguare il portafoglio nel corso dell'anno per sfruttare le opportunità di mercato che si presenteranno, man mano che le valutazioni diventeranno più interessanti. I venti contrari dovrebbero attenuarsi nel secondo semestre del 2023, favorendo un miglioramento del ciclo economico e un aumento graduale di asset rischiosi nei portafogli.
Secondo Amundi, infatti, le obbligazioni sono tornate a essere interessanti, con un focus sul credito di alta qualità, prestando però attenzione al mercato valutario in un mondo di politiche divergenti, nonché ai rischi di liquidità e alla leva finanziaria delle imprese. Inoltre, poiché le obbligazioni riacquisteranno la loro funzione di diversificazione dopo l'impennata dei rendimenti nel 2022, e considerati i rischi di recessione che si profilano per il prossimo anno, si prospetta un ritorno dell'allocazione di portafoglio 60/40.
In ambito azionario, l’outlook di Amundi evidenzia buone opportunità nei prossimi mesi quando i titoli si saranno riprezzati, con una preferenza per gli Stati Uniti e un orientamento ai segmenti di qualità, value e ad alto dividendo. A seguire, gli investitori dovrebbero aumentare gradualmente l'esposizione alle azioni europee e cinesi, cicliche e fortemente value.
Un altro aspetto da considerare per Amundi è che il perdurare dell'inflazione implica una maggiore allocazione negli asset reali resilienti all'inflazione, come le infrastrutture. Anche se il debito privato ha iniziato a riprezzarsi, gode comunque di fondamentali solidi nella maggior parte dei casi; il settore immobiliare può rappresentare un valido strumento di diversificazione.
Nel 2023 si accentueranno, invece, le differenze tra i diversi mercati emergenti. Risultano più interessanti i Paesi con prospettive monetarie e di inflazione più favorevoli, come quelli dell'America Latina e dell'EMEA. Inoltre, un cambio di rotta nella politica monetaria della Fed più avanti nell’anno dovrebbe rendere più attraenti le azioni dei mercati emergenti.
Infine, secondo Amundi i temi ESG di lungo periodo continueranno a beneficiare delle conseguenze della crisi del Covid19 e della guerra in Ucraina. Gli investitori dovrebbero esporsi alla transizione energetica e alla sicurezza alimentare, nonché alle tendenze di rilocalizzazione (reshoring) provocate dalla situazione geopolitica. I temi sociali torneranno al centro dell'attenzione, poiché il deterioramento del mercato del lavoro e l'inflazione richiedono una maggiore attenzione ai fattori sociali.