In termini di aree geografiche, l’Europa risulta in sovrappeso già da alcuni mesi nel Wellington Global Quality Growth Fund di Wellington Management, assieme all’esposizione overweight al Regno Unito, mentre Giappone, Asia Pacifico sviluppata, Paesi Emergenti e Nord America sono sottopesati. Sempre a fine febbraio, il posizionamento del fondo era di sovrappeso su consumer services, financials, healthcare, real estate e consumer discretionary, mentre il sottopeso si concentrava su energy, consumer staples, materials, utilities, industrials e information technology.
“Quello sui titoli industriali è un trade in essere già da diverso tempo, ma i risultati economici non sono stati così buoni come atteso e le valutazioni sono elevate, quindi siamo arrivati a determinare un sottopeso”, ha spiegato Steven Angeli, gestore del Wellington Global Quality Growth Fund durante un incontro con gli investitori.
Angeli ha sottolineato poi come i settori energy, materials e utilities risultino in genere sottopesati all’interno del fondo, perché alcune metriche come quelle relative ai cash flow sono basse e di conseguenza i titoli non rispondono ai criteri di selezione del veicolo: il Wellington Global Quality Growth Fund è infatti un fondo azionario globale, con 14 anni di track record nel formato Ucits, classificato come Articolo 8 e riaperto recentemente agli investitori.
Angeli ha rimarcato inoltre come il fondo sia stato in grado nel tempo di generare un alpha annualizzato del 3,7% grazie a un processo molto obiettivo, sistematizzato e ripetibile nel tempo per categorizzare le informazioni fondamentali delle aziende. Il tutto condito da un overlay macroeconomico per gestire il posizionamento dinamico in settori e Paesi: “Il nostro Global Cyclical Index si è girato negativamente a febbraio, per cui abbiamo variato la composizione dei pesi dei fattori, portando nello specifico il peso del fattore quality al 30%".
Gli altri fattori di analisi relativi ai titoli azionari elencati dal Portfolio Manager di Wellington Management sono quelli growth, valuation upside, total capital return e improving fundamentals. Per quanto riguarda il fattore growth nello specifico, Angeli ha anche tenuto a precisare di guardare ad aziende che mostrino tassi di crescita sostenibile e organica dei ricavi, quindi solitamente nell’ordine del 7/9% annuo. Crescite superiori al 20% sono viste con sospetto perché portano in genere a valutazioni troppo care. Il fattore quality, infine, riguarda i dati di free cash flow margin e indicatori di ritorni sul capitale che giustifichino la qualità dell’azione.