MID MARKET E M&A: IL PRIVATE EQUITY ACCELERA LA CRESCITA DELLE PMI L’approfondimento di Francesco Fumagalli, Founding Partner di Koinos Capital Sgr
05/05/2025 L'Esperto dice...

Secondo l’analisi di PwC Global & Italian M&A Trends in Industrials & Services and Outlook 2025(1), il 2025 vedrà una significativa ripresa delle operazioni di fusione e acquisizione (M&A) a livello globale, con il settore Industrials & Services (I&S) in prima linea. Il consolidamento tra aziende e la necessità di diversificare i portafogli industriali guideranno il trend, con un forte focus su transizione energetica e tecnologie emergenti, come intelligenza artificiale (AI), automazione e digitalizzazione.

Dopo due anni di debolezza, nel 2024 il Private Equity è tornato a crescere. L’ultimo report di McKinsey tratteggia uno scenario globale caratterizzato da un valore complessivo delle operazioni in aumento del 14%, a quota 2.000 miliardi di dollari, valore che ha reso lo scorso anno il terzo più attivo di sempre. La crescita ha coinvolto tutte le principali categorie di operazioni di Private Equity (buyout, growth equity e venture capital) e tutte le aree geografiche, con l’unica eccezione del mercato asiatico(2).


Il mid market e Private Equity centrali nell’M&A italiano: l’analisi del 2024…

L'Italia si conferma il Paese europeo con la crescita più rapida nel Private Equity, con 56,4 miliardi di euro di euro e 496 operazioni nel 2024, più del doppio rispetto all'anno precedente(3). Il nostro Paese si distingue anche per una particolarità: mentre globalmente, a fronte di maggior valore, il numero delle operazioni è diminuito (con conseguente aumento del numero di mega deal) il mid-market ha giocato un ruolo di primo piano nel 2024 e sarà sempre più rilevante anche nel 2025.

Sono state 1.365 le operazioni italiane di M&A nel 2024, in crescita del 13% rispetto all'anno precedente, per un valore complessivo di 63,9 miliardi di euro (+9%)(4). Sebbene i megadeal siano passati da 11 a 15, il loro valore è sceso del 9%, mentre il mid market ha registrato una crescita del 35%, raggiungendo 31,3 miliardi di euro. Questo dimostra che le operazioni di media dimensione stanno guadagnando peso rispetto ai grandi deal, rafforzando il ruolo del mid market come uno dei motori dello sviluppo industriale e finanziario in Italia.


… e le previsioni sul 2025

I fondi di Private Equity e infrastrutturali hanno incrementato la loro incidenza sul mercato, partecipando al 44% delle operazioni annunciate (606 transazioni), con un valore complessivo di 30,4 miliardi di euro. Questo segmento si è spostato sempre più verso il mid market, supportando e favorendo trend di consolidamento e crescita industriale.

Per il 2025 le previsioni restano positive: l’M&A sta continuando a rivelarsi un elemento strategico per la crescita e il settore industriale rimarrà dominante (seguito da Consumer & Retail, Technology ed Energy) con il Private Equity sempre più coinvolto nelle operazioni. Inoltre, le aziende italiane dovranno affrontare la trasformazione tecnologica, la riorganizzazione delle filiere produttive e l’attrazione di nuovi investitori per rafforzare la loro posizione competitiva.


Il ruolo chiave del Private Equity nella crescita delle Pmi

Una evoluzione che le pone di fronte a una scelta cruciale: crescere o rimanere stabili. Storicamente, nei momenti di incertezza come quello che stiamo vivendo, molte aziende hanno adottato strategie difensive, riducendo gli investimenti e concentrandosi sull’efficientamento. Tuttavia, il contesto attuale richiede un cambio di paradigma: l’aggregazione industriale e il supporto del Private Equity possono essere la chiave per rafforzare governance, attrarre talenti e migliorare la competitività.

La domanda è d’obbligo: come possono le imprese italiane crescere se restano ancorate a modelli di finanziamento tradizionali? Innanzitutto, va osservato che scelte conservative sono probabilmente il frutto anche della struttura di governance delle imprese italiane. In un recente studio condotto da Aipb in collaborazione con Doxa si rileva, infatti, come il 76% delle Pmi italiane abbia una governance centralizzata, spesso familiare, e in molti casi con un leader unico (74%): questa governance è considerata un punto di forza dal 90% degli imprenditori, che sono dunque restii a modificarla(5).


Pmi italiane tra desiderio di cambiare e difficoltà di aprirsi al nuovo

Tuttavia, il 35% delle aziende desidera crescere e due su tre considererebbero una parziale apertura ai capitali esterni, anche se incontrano difficoltà nel trovare soci adatti e sperimentano sia tempi troppo lunghi sia costi elevati.

In questo contesto può entrare in gioco il Private Equity, che facilita questi processi di trasformazione offrendo non solo capitali, ma anche competenze strategiche e manageriali. Si tratterebbe di uno strumento innovativo per il 55% degli imprenditori, sempre secondo i dati Aipb. Le Pmi, infatti, continuano a prediligere l’autofinanziamento, il reinvestimento degli utili e i prestiti bancari, tutti veicoli tradizionali che, però, non sono più sufficienti.

Il Private Equity si posiziona, quindi, come una leva strategica per promuovere una trasformazione culturale che spinga le Pmi a investire in innovazione, ricerca e sviluppo. L’accesso a capitali alternativi è anche cruciale per creare un ecosistema imprenditoriale più solido e competitivo.


Le nuove regole del Private Equity: un approccio imprenditoriale

Inoltre, il Private Equity (in particolare nel segmento delle Pmi) può essere molto più di un semplice fornitore di capitali grazie anche ad una visione più imprenditoriale, già adottata da alcuni operatori per affiancare le aziende in un percorso di crescita strutturato.

In Italia oltre il 90% delle imprese sono microimprese, spesso eccellenze nelle loro nicchie di mercato, ma penalizzate dalla dimensione ridotta, che limita la competitività internazionale. Un investitore strategico che, al supporto finanziario, unisce anche una logica industriale può guidare le aziende attraverso successive acquisizioni, rafforzando la loro capacità di operare su scala più ampia e di sviluppare economie di scala per accedere a nuovi mercati, investire in ricerca e sviluppo e attrarre talenti di alto profilo.

Nel solo 2024, il Private Equity italiano ha movimentato 56,4 miliardi di euro in 496 operazioni, più del doppio rispetto all’anno precedente(6): un segnale della maggiore apertura degli imprenditori italiani verso l’ingresso di investitori con una visione industriale condivisa e un riconoscimento del valore aggiunto che un fondo di Private Equity con un forte DNA imprenditoriale può offrire.


L’approccio di Koinos Capital Sgr

Questa visione rispecchia anche la filosofia che Koinos Capital Sgr (società di investimento indipendente multi strategy) adotta nei suoi investimenti. L’approccio Buy & Build non si limita all’immissione di capitali, ma prevede anche la creazione di veri e propri gruppi industriali in partnership con gli imprenditori. L’obiettivo è aggregare e trasformare aziende già di successo in specifici comparti in autentici leader settoriali, portandole a competere su scala nazionale e internazionale mettendo al servizio del sistema imprenditoriale del Paese non solo capitali e competenze strategiche ma anche la visione di una nuova generazione di investitori per una nuova generazione di imprese.


a cura di Francesco Fumagalli,

Founding Partner Koinos Capital Sgr


Note

1 Fonte: PwC Global & Italian M&A Trends in Industrials & Services and Outlook 2025

2 Fonte: McKinsey

3 Fonte: Pitchbook Private Equity Report 2024

4 Fonte: EY M&A Barometer 2024-2025

5 Fonte: AIPB

6 Fonte: Pitchbook

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