“Il calo simultaneo dei titoli di Stato statunitensi e del dollaro statunitense è un evento raro. Ma è proprio quello che si è verificato di recente. E si è trattato di un sell off simultaneo, il quarto più violento degli ultimi 40 anni”, afferma Arun Sai, Senior Multi Asset Strategist di Pictet Asset Management, che poi continua: “Esistono spiegazioni opposte per il doppio calo e alcuni fattori tecnici che entrano in gioco. Tuttavia, dal nostro punto di vista, una mossa di questa entità segna un chiaro rifiuto dell'iniziativa politica più rappresentativa del Presidente Trump e funge da avvertimento sul fatto che lo status di bene rifugio dei Treasury Usa e del dollaro non può più essere dato per scontato. In altre parole, si tratta di una svolta cruciale per gli investitori. Da tempo sosteniamo che la costante erosione del soft power statunitense (in tutti i campi, dalla politica estera alla cooperazione multilaterale) avrebbe condotto, prima o poi, a un aumento significativo del costo del capitale statunitense. Le politiche perseguite da questa amministrazione non fanno altro che anticipare il giorno della resa dei conti. I dazi sulle importazioni che mirano a ridurre i surplus in dollari dei partner commerciali degli Stati Uniti riducono naturalmente la domanda di dollari e di Treasury, mentre l'uso del biglietto verde e del sistema finanziario statunitense come arma da parte del governo, a cui si aggiungono le continue inversioni di rotta in materia di politica economica, riducono ulteriormente l'attrattiva del Paese per gli investimenti”, sottolinea Sai.
L'epicentro dell'incertezza
“Come noto, gli Stati Uniti sono abituati a piegare il mondo al proprio volere; per decenni l'eccezionalismo statunitense, ovvero il ruolo particolarmente dominante che il Paese ha ricoperto nella geopolitica, nell'economia e nel sistema finanziario, gli ha permesso di spingersi oltre i confini dell'ortodossia economica”, spiega Sai. “Nell'ultimo decennio, è stato in grado di mantenere un enorme doppio deficit (fiscale e del bilancio corrente) consentendo all'economia di funzionare a pieno regime. Ma le politiche attualmente perseguite sono di tutt'altra portata. A nostro avviso, gli Stati Uniti sono passati oggi dall'essere una fonte di stabilità mondiale a un epicentro di incertezza. La credibilità è l'asset principale per qualsiasi Paese e quando questa viene compromessa è estremamente difficile ripristinarla. Pertanto, è poco realistico aspettarsi che i capitali globali continueranno ad affluire negli Stati Uniti al ritmo attuale. Il Regno Unito ci offre alcuni insegnamenti utili in tal senso; nel 2022, la politica di drastici tagli fiscali non finanziati dell'allora Primo Ministro Liz Truss causò il panico sul mercato dei gilt britannici, con danni ancora visibili tutt'oggi. In questa scorsa settimana di turbolenze sui mercati, i gilt britannici hanno registrato una volatilità significativamente maggiore rispetto ai loro omologhi dei Paesi sviluppati, con il rendimento a 30 anni che ha raggiunto il livello più alto dal 1998”, evidenzia l’esperto.
Attenzione al premio
Secondo Sai, “mentre gli investitori rivalutano il rischio del capitale statunitense, il premio a termine, una componente dei rendimenti dei Treasury statunitensi, è salito al livello più alto da oltre un decennio. Si tratta della compensazione integrativa richiesta dagli investitori per detenere un'obbligazione a lungo termine al di là del tasso previsto di crescita economica e di inflazione. Il calcolo è un compito complesso, in quanto comprende diversi fattori che vanno dal sentiment del mercato e dalla politica monetaria all'incertezza politica. Sulla base di alcuni modelli ampiamente utilizzati, i nostri calcoli indicano che il premio potrebbe aumentare di almeno altri 25 punti base rispetto al livello attuale”.
Montagna di debiti
“La situazione degli Stati Uniti è ancora più precaria a causa del suo fabbisogno di finanziamento pubblico insolitamente elevato”, afferma l’esperto di Pictet Am, che poi prosegue: “Si prevede che il Tesoro emetterà nuovi strumenti di debito per 2.000 miliardi di dollari e rifinanzierà oltre 8.000 miliardi di dollari di titoli in scadenza per sostenere il deficit fiscale di quest'anno. È preoccupante che l'emissione netta di Treasury non sia finora riuscita a tenere il passo con il peggioramento del saldo di bilancio. Il buco dovrà essere colmato nel corso dell'anno, con un conseguente aumento netto dell'indebitamento pari a circa 500 miliardi di dollari in un momento in cui i costi di finanziamento saranno più elevati rispetto a quelli attuali”.
Per Sai, “è probabile che l'ulteriore offerta di debito si concentri maggiormente su scadenze a medio/lungo termine piuttosto che verso i buoni del Tesoro a breve termine, che rappresentano già oltre un quinto del debito totale negoziabile. Tuttavia, grazie ai tagli fiscali previsti dal Presidente Trump e alla probabile diminuzione delle entrate fiscali a causa del rallentamento dell'economia, prevediamo un ulteriore deterioramento del saldo di bilancio. Le recenti aste di Treasury sono state deboli, o nella migliore delle ipotesi tiepide, inviando un ulteriore segnale di allarme agli investitori. Se un aumento dell'offerta comporta rendimenti più elevati, la dinamica del debito statunitense peggiorerà ulteriormente. Il Congressional Budget Office stima che un aumento di 0,1 punti percentuali dei rendimenti ogni anno porterà a un aumento cumulativo del deficit di 350 miliardi di dollari rispetto alle previsioni di base per il periodo 2026/2035”.
Nessun big bang, ma una degradazione lenta
“Sarebbe tuttavia sbagliato supporre che gli Stati Uniti perderanno il loro status di porto sicuro dall'oggi al domani”, afferma Sai, secondo il quale “il processo si protrarrà probabilmente su un lungo periodo di tempo, anche perché attualmente non esistono asset in grado di rivaleggiare con la liquidità del dollaro e dei titoli di Stato statunitensi. La valuta statunitense e i Treasury rimarranno investimenti di riferimento nei portafogli globali, e in futuro ci saranno molte occasioni in cui potrebbe essere opportuno mantenere posizioni di sovrappeso su entrambi. Tuttavia, nel medio e lungo termine, gli investitori troveranno più sensato cercare alternative e diversificare gradualmente parte dei loro portafogli, allontanandosi dagli asset statunitensi. I Bund tedeschi e l'oro dovrebbero beneficiare maggiormente di questa riallocazione, ma anche altri asset, tra cui i titoli di Stato in valuta locale dei mercati emergenti e il credito di alta qualità, che dovrebbero registrare maggiori afflussi. Vale la pena notare che i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi sono rimasti stabili anche durante il movimento di panico che ha travolto il mercato statunitense nel mese di aprile. Anzi, i Bund hanno registrato la loro migliore sovraperformance settimanale rispetto ai Treasury Usa dal 1989. Ciò dimostra che gli investitori in titoli di Stato stanno diventando più esigenti. Nel frattempo, il prezzo dell'oro ha raggiunto un nuovo record di 3.100 dollari l'oncia e prevediamo che il rally continuerà, in quanto le Banche Centrali dei mercati emergenti allocheranno una quota maggiore delle loro riserve sul metallo prezioso”.
L’esperto di Pictet Am ritiene che anche le obbligazioni sovrane dei mercati emergenti guadagneranno terreno a scapito del mercato dei Treasury Usa. “A loro favore, i Paesi emergenti vantano posizioni di bilancio stabili, economie in crescita e la capacità di ridurre ulteriormente i tassi d'interesse. Fondamentalmente, per gli investitori obbligazionari, i Paesi emergenti sono l'unico gruppo di nazioni in cui l'inflazione continua a sorprendere al ribasso. Ciò rende il debito pubblico in valuta locale, in particolare in America Latina, una proposta allettante. Inoltre, l'ampliamento dei differenziali di crescita a favore delle economie emergenti rispetto a quelle sviluppate dovrebbe favorire il credito societario dei mercati emergenti di alta qualità. Quello che è certo è che le politiche tariffarie di Trump evolveranno nelle prossime settimane. Tuttavia, a prescindere dall'esito finale dei negoziati commerciali in corso, riteniamo che i danni all'economia e agli asset statunitensi siano già stati fatti. Trump ha dato agli investitori obbligazionari ogni incentivo per prendere in considerazione alternative ai Treasury e al dollaro. Ormai non si può più tornare indietro”, conclude Sai.