“Nonostante gli eventi degli ultimi giorni, permane l'incertezza sui dazi, con scarsa chiarezza sia sui tassi definitivi sia sulle potenziali esclusioni. La proroga del termine per l'accordo commerciale dal 9 luglio al primo agosto concessa dal presidente Trump non ha contribuito ad allentare le tensioni, poiché è stata accompagnata da una retorica sempre più aggressiva nei confronti dei principali partner commerciali”, sottolinea il Multi Asset Team di Schroders. “In particolare, le reazioni dei mercati alle rinnovate minacce tariffarie di Trump sono diventate più moderate nel tempo, suggerendo che gli investitori considerano sempre più tali annunci come offerte iniziali in un processo di negoziazione più ampio. Sebbene questa interpretazione si sia finora dimostrata corretta, introduce il rischio che i mercati possano alla fine sottovalutare la volontà di Trump di applicare dazi significativamente più elevati di quelli attualmente previsti. Il nostro scenario di base prevede un'aliquota tariffaria effettiva del 12%, ma il bilancio dei rischi rimane orientato al rialzo”.
Il Multi Asset Team di Schroders, nonostante queste incertezze, continua a ritenere “bassa la probabilità di una recessione a breve termine negli Stati Uniti. I consumi rimangono resilienti, sostenuti dai prezzi bassi dell'energia, trainati dalle aspettative di un aumento dell'offerta globale di petrolio e da un mercato del lavoro stabile che, insieme, forniscono un solido ammortizzatore contro gli shock esterni. Restiamo ottimisti sul fronte azionario, mantenendo una posizione sovrappesata con un focus sui titoli finanziari negli Stati Uniti e in Europa. L'andamento della domanda interna, gli utili stabili e la dinamica favorevole dei tassi d'interesse sostengono il nostro posizionamento, nonostante la volatilità delle politiche commerciali crei rischi di natura politica”.
Nel comparto obbligazionario, poi, il team di Schroders mantiene una visione neutrale sui titoli di Stato statunitensi. “Sebbene i rendimenti si siano adeguati al rialzo e le valutazioni siano migliorate, le preoccupazioni strutturali, tra cui i livelli elevati di indebitamento e le persistenti pressioni inflazionistiche, continuano a pesare sulle prospettive, in particolare sul segmento a lungo termine della curva (ovvero il rendimento dei titoli con scadenze lunghe), dove la volatilità è aumentata. Cerchiamo opportunità al di fuori degli Stati Uniti, dove le pressioni inflazionistiche sono più contenute”, sottolinea la società, che prosegue: “Continuiamo a preferire i Bund tedeschi ai Treasury statunitensi e abbiamo avviato una posizione lunga sulle obbligazioni canadesi rispetto a quelle statunitensi, sfruttando il notevole restringimento degli spread osservato da inizio anno. Continuiamo a considerare l'oro un prezioso strumento di diversificazione strategica. In un contesto di fragilità fiscale, imprevedibilità delle politiche e volatilità dei mercati, il suo ruolo di copertura del portafoglio rimane intatto”.
Sul fronte valutario, invece, “manteniamo un orientamento negativo sul dollaro statunitense, attuato attraverso posizioni corte rispetto all'euro, esposizioni lunghe sul debito locale dei mercati emergenti e una posizione lunga sullo yen giapponese rispetto al dollaro di Hong Kong. Il ruolo di bene rifugio del dollaro statunitense si è ridotto a causa dell'incertezza della politica statunitense e, con gli investitori globali sovrappesati sugli asset statunitensi, prevediamo che i flussi di ribilanciamento favoriranno le esposizioni non denominate in dollari, poiché la diversificazione riacquista importanza”, evidenzia il Multi Asset Team di Schroders.
“In conclusione, riteniamo che i rischi ciclici rimangano contenuti, ma che si stiano accumulando vulnerabilità strutturali, in particolare per quanto riguarda la sostenibilità del debito. La nostra strategia bilancia una visione positiva sulle azioni con un'esposizione lunga all'oro e un sottopeso sul dollaro statunitense, fornendo un approccio misurato e diversificato per navigare in un contesto globale sempre più incerto”, conclude Schroders.