“Provate a immaginare che la prossima decade di sovraperformance azionaria non arrivi dalla Silicon Valley, ma da San Paolo, Seul o Shenzhen. Mentre i mercati globali guardano al 2026, i mercati emergenti potrebbero giocare un ruolo centrale nel prossimo ciclo di investimenti”, afferma Devan Kaloo, Global Head of Equities di Aberdeen Investments, che spiega: “All’inizio dell’anno, le allocazioni verso i mercati emergenti avevano toccato minimi pluriennali, poiché gli investitori privilegiavano i titoli Usa, spinti dall’ottimismo sull’intelligenza artificiale e dalle aspettative legate al secondo mandato di Donald Trump. Sebbene questa strategia abbia finora dato risultati, ha esposto i portafogli a rischi di concentrazione e a valutazioni “priced-for-perfection”, cioè già ottimistiche”. In questo scenario, i mercati emergenti offrono opportunità interessanti, sostenute da tre fattori strutturali: carry, capex e valutazioni convenienti”.
Carry: venti favorevoli sulle valute
Per Kaloo, “il “carry” riflette i benefici derivanti dal cambio valutario: quando il dollaro si indebolisce, gli investimenti nei mercati emergenti denominati in dollari aumentano di valore. La debolezza del dollaro è favorita dall’erosione della credibilità fiscale degli Stati Uniti, con un potenziale aumento dei deficit e dei rendimenti obbligazionari. Per i mercati emergenti, ciò significa: costi di indebitamento più bassi per aziende e governi, consumi locali più forti grazie all’apprezzamento delle valute e possibili flussi di capitale verso investimenti più redditizi fuori dagli Usa. Questo contesto crea un vento favorevole per gli investitori nei prossimi anni”.
Capex: flussi di investimento verso le industrie emergenti
Storicamente, i mercati emergenti hanno beneficiato di periodi di forte spesa in conto capitale globale. “Dal 2021 questa correlazione si era interrotta, a causa del rallentamento della Cina e della concentrazione degli investimenti tecnologici negli Usa”, sottolinea l’esperto, che prosegue: “Ora è in corso un nuovo ciclo di investimenti globali, guidato da decarbonizzazione, digitalizzazione e difesa, in cui i mercati emergenti occupano un ruolo centrale. La Cina rimane strategica nello sviluppo dell’IA e delle infrastrutture, ma anche altri Paesi emergenti in Asia, America Latina ed Europa stanno beneficiando della domanda globale di chip, reti elettriche e risorse critiche. La rivalità Usa/Cina rafforza ulteriormente il ruolo dei mercati emergenti come fornitori chiave”.
Valutazioni convenienti e diversificazione
Secondo Kaloo, “nonostante la forte performance del 2025, i mercati emergenti restano relativamente convenienti rispetto ai mercati sviluppati, offrendo anche una maggiore diversificazione per settore e area geografica. Mentre la performance azionaria statunitense è sempre più concentrata in pochi titoli tecnologici, i mercati emergenti sono più diversificati tra industria, sanità, IT e materiali. Questa asset class comprende anche giganti nazionali con una forte esposizione alla domanda locale e al commercio intra mercati emergenti. Si consideri, ad esempio, l'India. Nonostante la sottoperformance del mercato nel 2025, dovuta alla limitata esposizione all'IA e alle difficoltà legate alle tariffe doganali, la sua bassa correlazione con l'IA la rende una preziosa copertura contro i mercati con “valutazioni che scontano la perfezione” di altre aree. Inoltre, l'India si distingue come una storia di crescita di lungo termine, sostenuta da solide aziende nazionali, margini per tagli dei tassi che stimolino i consumi e un mercato dei capitali in espansione finanziato da risorse interne”, evidenzia l’esperto.
Conclusioni
“Guardando al 2026, i mercati emergenti beneficiano di venti favorevoli strutturali: cambi vantaggiosi, rinascita degli investimenti globali e valutazioni interessanti. Questi fattori supportano prospettive di sovraperformance duratura e confermano il ruolo crescente delle azioni emergenti nei portafogli degli investitori”, conclude Kaloo.